Appunti di un’esperienza personale: finalmente ho individuato un bel tema su cui condividere le mie impressioni e ricominciare a dedicarmi con regolarità a una delle attività che amo e che coltiverò con sempre maggiore attenzione: scrivere.

Mi piace perché è un atto molto fisico che occorre affrontare in una buona forma e perché è il momento in cui in cui ci si può permettere di rivelare aspetti interessanti del proprio percorso di disciplina mentale, studi, riflessioni.

E poi perché è un mudra, un gesto che costringe la mente a rallentare per permettere alla penna o alla tastiera di digerire il flusso e renderlo il più armonico possibile. Quando devo scrivere più in fretta uso la tastiera ma ogni giorno scrivo almeno tre cartelle a mano per non sprecare idee anche piccole, parole sparse o banali liste di priorità. Insieme ad altre più sostanziose a volte diventano dispense per seminari, articoli, progetti per il futuro. A volte anche niente.

Ma a un certo punto, spesso dopo periodi di particolare intensità produttiva o traumi fisici (la recente rottura di un legamento e l’intervento di alluce valgo nel mio caso), svanisce qualunque forma di creatività e la mente va in modalità di risparmio energetico producendo solo banalità e caos inconcludente. Pensieri che si affollano senza ordine. Disordine che crea disordine. Uscirne volontariamente è possibile, a volte necessario, ma dopo una certa esperienza ho imparato a stazionare pazientemente nel disagio e nello smarrimento. Può succedere, e a me succede spesso.

Questa volta esco da questo limbo per niente piacevole grazie a due espedienti.

Il primo. Ho riguardato delle foto di viaggio e ho individuato dei momenti in cui pur avendo difficoltà di ogni tipo da superare godo a posteriori delle meravigliose esperienze di luoghi, incontri, natura, imprevisti nefasti che si sono trasformati in opportunità inaspettate.

Ve ne propongo una in caso possa sortire lo stesso effetto anche per qualcuno che sta leggendo.

Il secondo. Il dolore profondo e devastante che ho provato per la perdita di un amico, una notizia del tutto inaspettata che ha travolto l’inerzia con la violenza del trauma, del senso di impotenza e la tristezza per non poter mai più riabbracciare un pezzo di vita. Un incidente frontale contro una parete di realtà che mi ha totalmente svuotata. Per riemergere ho iniziato a filtrare poco a poco di elementi positivi che mi hanno fatta sentire meno desolata: gli amici, stare insieme, abbracciarsi, consolarsi, piangere e ridere. Cose così. Sembra niente ma è il tutto. Il germoglio che spunta tra le macerie di un terremoto.

Mi è venuta voglia di provare a non perdere più tempo, a condividere di più non solo tecniche e esercizi ma esperienze personali e azioni positive.

Così ho buttato giù senza pensarci troppo questa cartella di riflessioni che rileggerò e pubblicherò per ricordarmi che anche questo periodo di desolazione creativa è passato. Senza sensi di colpa.