Nel flusso continuo delle troppe informazioni non richieste che ricevo via web sulla baraonda corsi di formazione per insegnanti di yoga, colgo uno spunto per riparlare di un tema rilevante non solo in senso strettamente yogico ma culturale e sociale. Riguarda l’educazione della persona e la quotidianità civile.

Il Karma yoga o yoga dell’agire, è una parte rilevante nei corsi di formazione residenziale, in cui si dedica come materia del corso un’ora al giorno per il servizio alla comunità dell’ashram o centro in cui si svolge il programma.

Il senso è quello di compiere in silenzio, con la mente concentrata e in modo efficace la mansione assegnata. Affrettarsi con calma, curare non solo il cosa si sta facendo ma il come. Dai servizi in cucina, pulizie, manutenzione, sistemazione della sala di meditazione, come mi è capitato di fare in uno dei miei lunghi ritiri.

Ma ho anche pulito i gabinetti, scavato buche per l’orto, suonato la campana alle 4.30 del mattino per la prima pratica.

Non sempre si scatena l’entusiasmo quando vengono assegnati del tutto a caso i compiti da svolgere. Tra l’altro sconsiglio ai futuri adepti di sperare che non ne esca uno in particolare perché a me è capitato l’effetto contrario.

Per me che sono sempre stata ipercinetica e sbrigativa è stato ed è tuttora di grande aiuto.

Per approfondire, nel terzo capitolo della  Bhagavad Gita, Krisna spiega ad Arjuna i principi e l’importanza dell’azione compiuta con distacco in conformità al proprio Dharma, il Principio Universale. 

Dunque, mi ha colpita la pubblicità di un Teacher Training apparsa su Instagram perché nelle peculiarità evidenziava in maiuscolo NO KARMA YOGA. 

Cioè: Niente spreco di tempo? Eliminato uno sforzo inutile? Materie delle scuole vecchio stile?

Il nuovo che avanza nel settore formazione è miserrimo. 

Spesso i criteri di scelta sono la location esotica, il prezzo più conveniente, una certificazione spendibile. 

Mi spiace fare considerazioni in negativo, non è nel mio stile, ma è un campo nel quale opero professionalmente da decenni e dalla crisi pandemica in poi è evidente che l’incremento della superficialità e della commercializzazione esagerata di corsi e seminari dilaga, in ogni settore.

Molti centri yoga sopravvissuti sono diventati spazi da affittare, senza linee didattiche e senza una guida riconoscibile. 

Anche grazie all’utilizzo deteriore delle reti sociali e delle piattaforme per le lezioni in remoto, che sarebbero risorse complementari eccellenti se usate con un pensiero, in una logica progettuale. 

In sintesi, siccome credo che il Karma yoga sia capitale per la comprensione profonda dello yoga inteso come metodo per l’esplorazione e la crescita personale, nella mia formazione l’ho sempre proposto soprattutto come attività di servizio per l’accoglienza, rendere l’ambiente fisico e emozionale appropriato alla migliore condivisione, non aspettare che venga chiesto di fare qualcosa per il gruppo ma allenare l’abilità di accorgersi

Di come ci stiamo comportando, di cosa succede intorno e come migliorare il senso dello stare insieme.