Undici anni fa, ho avuto l’opportunità e il privilegio di presentare al Circolo dei Lettori di torino il libro di Carla Perotti Il giardino della guarigione. Tra i numerosi libri che ho visto prendere forma e pubblicare durante i decenni della nostra Amicizia, questo assume oggi un significato particolare per l’elevato grado di sofferenza che avverto nella quotidianità e per la responsabilità di assistere da anni una persona molto anziana e soggetta a diverse criticità, la mia mamma novantaduenne.
La malattia ha rappresentato per me e Carla un’esperienza profonda e diretta, lo yoga è stato uno dei fili conduttori del nostro percorso di guarigione, forse di liberazione, ed è proprio di questo che racconta nel libro.
Vorrei condividere con voi qualche considerazione e consigli di lettura che potranno essere utili a chi si sta perdendo d’animo per la fatica di occuparsi della propria e altrui sofferenza.
Fare affidamento soltanto sulle proprie forze non è sufficiente. La fatica consuma, separa, svuota. Per chi non ha avuto modo di educarsi per tempo alle vie di guarigione non solo medicali, la malattia diventa un’opportunità per aprire nuove visioni e lasciare passare informazioni sottili che possono avere il potere di ispirare, rigenerare e sanare. La pratica del rilassamento fisico è la tecnica basilare da praticare quotidianamente non appena si riesce a mantenere per un certo tempo l’immobilità, e lasciare agire il respiro.
Definirla immobilità è impreciso, ma comprensibile quando ci si immedesima prevalentemente con il corpo fisico. Il respiro è un meccanismo che integra le funzioni attive e automatiche del sistema nervoso, con tutte le implicazioni metaboliche e fisiologiche atte a mantenere e attivare l’energia vitale, Prana, Chi o Ki a seconda delle culture di origine in cui è un concetto basilare.
Percepire i movimenti a onda che dal diaframma che si propagano lungo la colonna vertebrale può essere un riferimento per indurre quella calma necessaria a non identificarsi con il male fisico e interiore. Un modo diverso di affrontare la negatività delle emozioni, in particolare della paura.
A questo punto il sofferente e chi gli è accanto possono instaurare un rapporto di complicità e diventare un insieme di risonanza, non due entità separate come può apparire. Quando la mente è calma il flusso di guarigione può essere percepito, guidato e potenziato. Ci si accorge che qualcosa sta funzionando quando malgrado la gravità della situazione si percepisce per entrambi un senso di sollievo e leggerezza che da qualche parte in noi o attorno a noi indica strade meno oscure e percorribili.
Si può fare riferimento alla spiritualità o alla teoria quantica, poco importa quando si ha essenzialmente bisogno di conforto e nutrimento interiore.
Inoltre è importante rimanere il più possibile a contatto con la natura, curare l’alimentazione e il movimento, per quanto limitato possa essere. Ridurre i farmaci all’essenziale, tenere dei fiori e delle piante in casa se non si può uscire. Ricambio costante dell’aria.
Avendo condiviso questo tipo di scambio sottile, succede che la persona che abbiamo amato, stimato, curato, sarà attiva e presente anche quando non sarà più nel suo corpo fisico, con tutta la sua capacità di amare e ispirare.
Vi consiglio di Carla Perotti:
Il giardino della guarigione, ed. Psiche
L’amore guarisce, ed. Psiche
Parole di guarigione, ed. Magnanelli