Negli ultimi anni, l’offerta di corsi dei più diversi stili di yoga è aumentata esponenzialmente e data la varietà della scelta, l’utenza si è frammentata in percorsi più o meno strutturati.

L’aspetto positivo è che ci sia scelta, in modo da potersi orientare tra più opportunità e trovare un percorso che corrisponda alle esigenze personali.

Sarà il percorso stesso a ridefinire l’idea di yoga, imparando a correggere una visione spesso utilitaristica a vantaggio di una mentalità di ascolto e condivisione. Dove qualunque stile di yoga dovrebbe condurre.

 

Ma il dato sul quale vorrei fare alcune riflessioni è che, una volta iniziato un corso, nella maggior parte dei casi la frequenza sia limitata a una lezione alla settimana.

Premesso che sto generalizzando su una media statistica, ho l’impressione che non possa essere sufficiente.

Dopo ormai tre decenni di esperienza nell’insegnamento, durante i quali ho costantemente aggiornato non solo i contenuti ma anche la proposta didattica, constato che lo stile di vita attuale è talmente cambiato e in così breve tempo, da richiedere degli strumenti più incisivi, per affinare uno stile di vita adeguato e per fronteggiare una marea di stimoli e sollecitazioni spesso inutili, anche dannosi.

E’ una delle ragioni per cui molti si avvicinano allo yoga – purtroppo anche per cui si allontanano – travolti da priorità dove il lavoro sul sé non è ai primi posti. Se non c’è discriminazione si può perdere la volontà di mantenere una disciplina. Ciò vale anche per la dieta, lo sport o altre iniziative salutistiche.

 

È per questo che, oltre alla proposta settimanale che francamente trovo sempre più inadeguata, propongo e consiglio dei percorsi di approfondimento di almeno tre ore di pratica, durante i quali è possibile sperimentare meglio la profondità degli effetti sottili, per trascorrere più tempo con se’ stessi e diventare più consapevoli delle nostre risorse.

Praticando la concentrazione, le tecniche fisiche e energetiche attraverso il pranayama e tutte le esperienze psicofisiche collegate all’ascolto.

 

Per far si che i benefici si sommino e diventare dei praticanti attivi, dobbiamo dedicare più tempo, lasciare affiorare quella calma che il quotidiano non ci fa percepire, e magari entrare in quello spazio di guarigione che è collegato al benessere interiore.

Più tempo dedichiamo alla pratica, più il tempo della pratica si espande.

Tempo che diventa spazio mentale nel quale organizzare meglio le proprie attività.

 

Questi incontri rappresentano per me l’estensione naturale della sala prove di danza, la mia professione originaria, dove si alternano momenti di attività e ricezione. Il confronto con il gruppo non ha nulla di competitivo ma diventa un amplificatore di intensità. Entrando nel flusso si perde la percezione del tempo e si sperimenta la presenza in più dimensioni.

 

Da questo presupposto è nata anche la proposta di Formazione Permanente, dove praticanti con una discreta preparazione o già in possesso di un certificato per insegnare

trovano una dimensione di crescita e condivisione, che mantiene elevata la motivazione alla pratica e la capacità di coinvolgimento.

Oltre alla pratica sono determinanti la condivisione e lo studio, articolati su moduli tematici.

I sabati e le domeniche sono il momento migliore, e nei seminari residenziali si può praticare in modo ancora più intenso perché immersi nella natura a contatto con le energie degli elementi.

 

Per i benefici sull’umore, sulla stabilità emozionale, sulla salute in generale e molto altro, consiglio a tutti, principianti e esperti, di praticare con metodo, rivedere le proprie priorità e essere disposti a qualche sacrificio per ricevere doni inaspettati!